Viktor Vida

(Kotor,* 1913 – Buenos Aires, 1960)

 

 

L’ANGELO DEI MORTI (Anđeo mrtvih)

L’Angelo dei morti scende nella vallata
per visitare la plebe appassita, la terra,
che si sbriciola.

Dai caschi alle orme
scorre il suo fulgore
– le lacrime della giovinezza –
nell’erba arsa.

Lui smuove il manto
e dov’è il cuore, lì pone l’indice
sulla cenere fiorita.

Copre i morti.
Cancella la rena dalle loro labbra.
Lentamente sulla palma della mano solleva i loro visi.

Al chiaro di luna canta
l’Angelo della morte.

(1949)

(POESIE COMPLETE, 1962; CROAZIA SPIRITUALE, 1992)**

 

APPUNTI PER LA BIOGRAFIA   (Bilješka za životopis)

La mia vita conosce il calore dei ricordi,
i particolari, che non contano.

Vedo la casetta di pietra al mare.
I riverberi della tovaglia tremavano
appena fu aperta la finestra.
Me ne andai dopo verso nord
e passeggiai attraverso settembre
in cui un mendicante suonava l’organo
con un uccello sulla spalla.
L’autunno era piovoso
poi sereno.
Nella biblioteca moriva il cinguettio dei bambini.
Distratto, guardavo per la porta di vetro
il parco e il cielo sopra l’Università.
Fantasticavo: da qualche parte muore un grillo,
si trasforma in una goccia tremante.
Chi non conosce l’edificio di mattoni
con il castagno e il tiglio?
In febbraio presagivo la primavera
sulla siepe verde.
Erano belle le serate
con Wiesner1 e con Tin,2
fumavamo chiacchierando fino al mattino.
L’uno cantava la luna, ricciolo d’oro
quando andava da sua madre sognando,
l’altro descriveva i ponti sulle ferrovie.

Magnifica è l’amicizia.
E non so perché, mentre nevicava
sulle memorie e sulle cose,
io pensavo a Osijek,3 che non conoscevo
e alla stufa di terra.

È quella vecchia Croazia
con la neve sul tetto.

(1949)
(idem)

 

CORTINA DI FERRO 4  (Željezni zastor)

Ho sognato che fosse Pasqua.
Alla stessa tavola seduti
mia madre, donnina attempata,
quasi in un cottone di silenzio,
mio padre, chino sotto il peso degli anni,
io e a me di fronte
il Signor Arcivescovo Stepinac5
Metropolita Croato.
Egli ci benedì
Poi disse:
«Noi non abbiamo nemici,
anche i loro morti sono con noi».
E c’era tanta aria pasquale intorno.
Egli pose sulla tavola le sue buone mani.
Fuori nevica.
Poi guardiamo la tovaglia bianca.
Io mangio il pane e piango.

(1950)
(idem)

 

SPIRALE VITREA   (Staklena spirala)

Segreto e occulto, Egli gira intorno a me.
Mi assedia con un raggio di luna,
lascia l’edera entrare nel mio sogno
e le voci
morirmi al capezzale.

Lui è impenetrabile, io sono trasparente
e gli cresco in una spirale vitrea,
in cui si mettono a cinguettare la primavera
e la piazza coi glicini.

Quando m’immergo in un sogno ancora più profondo
mi trafigge il cuore con il suo sguardo.
Il bambino fissa così l’eclisse solare
per il collo stretto d’un’ampolla oscura.

Mi scuoto, perché le dita dilette mi destano
e ancora echeggiano in me le parole
pronunciate dal brillio
dei boschi illuminati.

Oh stelle, oh scintille dei cieli taciturni,
sopra il mio corpo bagnato di rugiada.

(1952)

(idem)



* In it. Cattaro (oggi in Montenegro). torna su
** Il primo titolo a Buenos Aires; il secondo a Zagabria torna su

1 Il poeta Ljubo Wiesner.torna su

2 Il poeta Tin Ujević.torna su

3 Capoluogo della Slavonia.torna su

4 Ormai è sempre più doveroso spiegare ai giovani lettori italiani che i «paesi d’oltrecortina» erano quelli dell’ex-est europeo prima della caduta del muro di Berlino, caratterizzati cioè dalle diverse (ma sostanzialmente affini) «dittature del proletariato» (da identificare con l’unico partito al potere).torna su

5 Da pronunciare: Stepínaz; storicamente poi cardinale, vittima del comunismo, morto durante una lunga reclusione domiciliare (perdura il sospetto del suo avvelenamento!), beatificato negli anni ’90, ormai nella Croazia indipendente.torna su